Nuovi studi sulla decomposizione delle foglie e dei principi rilasciati da queste nell’ambiente: un problema naturale? Vediamo lo studio.
La scienza prosegue i suoi studi su una natura che, da bravi animali presuntuosi, abbiamo sempre pensato di conoscere a pieno. Ma l’universo ci sfugge tra le mani e ci continua a porre domande di cui cerchiamo disperatamente risposte su risposte. La curiosità dell’uomo non si pone limiti e si dimostra di continuo nelle vite di tutti, dalle cose più banali come decidere di provare un nuovo ingrediente in cucina, fino alla comprensione dei massimi sistemi che regolano l’universo. E in questa spasmodica ricerca delle risposte a domande che attanagliano la filosofia e l’evoluzione umana, oggi arrivano nuove informazioni sulle foglie.
Disintegrazione delle foglie: i nuovi dati sull’impatto ambientale
Informazioni sulle foglie, sembra una battuta, uno scherzo, un incipit perfetto per una barzelletta. Ma la scienza e la curiosità invade tutti i campi, non si parla sempre e soltanto delle stelle, della creazione del sistema solare o dei fondali marini, alcune volte la curiosità ci spinge verso qualcosa che vediamo ogni giorno: le foglie secche. A portare all’attenzione dell’umanità le nuove scoperte è lo scienziato e professore Eric Vejerano che, in una pubblicazione scientifica, spiega l’impatto ambientale delle foglie sull’atmosfera.
Il professore è uno scienziato dell’atmosfera e si occupa di studiare la qualità dell’aria e di tutti i fattori che ne determinano il deterioramento. Nell’ultima ricerca pubblicata su ACS Publications, ripresentata sul sito del governo degli Stati Uniti, affronta l’impatto ambientale delle foglie cadute da alberi di conifere o latifoglie. Queste, infatti, sembrano essere fonte del biogenic persistent free radicals (BPFR), una classe di inquinanti che possono rimanere nell’ambiente anche per molti mesi, con un impatto negativo sulla salute dell’ambiente e dell’uomo.
Eric Vejerano: ecco lo studio sull’inquinante BPFR
Dalla ricerca sembra essere emerso che le sostanze chimiche endogene nelle piante e, quindi, anche i loro sottoprodotti di trasformazione, possono stabilizzare gli elettroni spaiati nelle foglie in alcune condizioni ambientali, costituendosi una fonte naturale non contabilizzata di BPFR. Eric Vejerano ci spiega, con parole ulteriormente più semplici il funzionamento chimico di ciò che accade “Contando l’82% della biomassa terrestre della Terra costituita da piante, la presenza di BPFR nella lettiera delle foglie è significative. I BPFR non rappresentano una minaccia per la salute. Tuttavia, quando questi rifiuti fogliari alla fine si disintegrano, i BPFR possono essere assorbiti e, poi, dispersi. Così, quindi, possono creare potenziali rischi per la salute umana e ambientale.
Uno studio che pone le basi per comprendere cosa succeda alle foglie esaminate e che comporta, quindi, un insieme di rami di altri studi, affinché si componga l’albero scientifico. Quindi si attendono altri studi che confermino o, diversamente, neghino quanto affermato.